Le carte guastano le amicizie, diceva un vecchio adagio calabrese.
Mai giocarci con gli amici, mai puntare troppi soldi, mai farsi prendere la mano.
Tra accuse di fortuna e miriadi di regole – e varianti locali – da rispettare, spesso le serate a carte finiscono con accese discussioni e promesse solenni, ma mai mantenute.
“Io non gioco più”
Finiscono amicizie, dicevamo, al tavolo da gioco. Per colpa di accuse infamanti “Non sai giocare e hai pure culo” o per comportamenti spietati. Le cosiddette bastardate.
Come quella fatta da Alessandro Di Battista a Luigi Di Maio durante un’accesa partita di Cucù a casa di alcuni amici a Melito Porto Salvo.
Un gioco, il Cucù, zeppo di regole da osservare. Non toccare la carta prima della bussata del cartaro, non dire mai la parola ‘morto’, ma soprattutto: non parlare mai con i morti.
Le persone che escono dal gioco devono essere ignorate in tutti i modi, pena la consegna a loro di una vita.
Per far parlare il giocatore si ricorre ad ogni trucco, dalla domanda su dove sia il bagno o come vada al lavoro, al tentativo di prenderlo soprappensiero con richieste ingenue, fino alla bastardata per eccezione: la telefonata anonima.
Il telefono che squilla nel cuore nella notte, la paura si tratti di una richiesta di aiuto o di qualcosa di urgente e la voce all’altro capo del filo che urla: “Coglione dammi una vita!”
Un modo di estorcere la parola al giocatore che in ogni tavolo è soggetta a discussioni. Tra chi dice non valga perché rispondere al telefono non equivale a parlare di propria spontanea volontà col morto, e chi sostiene sia un modo legittimo per riottenere una vita.
Fatto sta che nel tavolo degli ex amici Di Maio e Dibba, la regola valesse.
“È una bastardata”, tuona Gigino. “L’ultima di una lunga serie”.
Asserendo come comportarsi così a carte significhi potersi comportare così nella vita.
Di Battista non fa un passo indietro e rientra in partita.
Di Maio affranto, non cerca nemmeno di opporsi Più di tanto. Adesso è lui fuori dal gioco ma non cercherà di rientrarci.
Prende le sue cose e si dirige verso la macchina scuro in volto:“Per me con Alessandro finisce qui”.
In Calabria succede ogni sera di Natale: l’ennesima amicizia rovinata dal Cucù.