Che tra ticinesi e calabresi non corresse buon sangue è storia nota.
Sul piede di guerra sin dai primi tempi dell’emigrazione meridionale, gli elvetici si sono sempre distinti per un’accoglienza a base di indifferenza e fastidio.
Oggi i calabresi che operano nell’area ti-cinese sono accusati di aver portato il coronavirus, lasciando la Calabria alla sua comoda desertificazione sociale ancor prima che economica.
In occasione quindi del sentitissimo match tra una rappresentativa di svizzeri tedeschi ‘ch’i cazzi’ e di simpatici oriundi calabresi con la pancia, ma anche tanta tecnica, ecco spuntare lo striscione dello scandalo:”Coronavirus in trasferta, Calabria deserta.”
Messaggi che fanno male al calcio giocato e anche a quel clima da stadio che dovrebbe essere vissuto all’inglese, con sana sportività.
La nutrita delegazione di tifosi calabresi vuole invece, a questo punto, viverla all’inglese anni ’80, in stile hoolingans per intenderci. Armati di salumi alti un metro e mezzo e di nocciole toste di giù, gli oriundi sono pronti alla battaglia.
A stemperare la tensione pensa un decano dei calabresi in Svizzera che, con autorevolezza, dichiara:”Sapianu fara sulu formaggiu e cicculata, siamo arrivati noi ed è diventata la Svizzera. Invece il mio paese in Calabria l’ho lasciato bello dissestato e in mano alla ‘ndrangheta. Ai fratelli ticinesi dico “Alu culu forta!”.”