Lasciateci lavorare, diceva qualcuno anni fa.

Lasciamoli lavorare!

Era l’appello alla comprensione e alla fiducia nei confronti di una nuova classe politica.

Quello stesso movimento che, nel frattempo (gli anni sono passati), ha lavorato tanto, con risultati non così sorprendenti.

Basti pensare alla scelta del Commissario alla Sanità calabrese: prima un Generale dei Carabinieri non proprio fulmine di guerra, dopo una sfilza di dimissioni e rifiuti, adesso uno stucchevole balletto di nomi.

Miozzo è l’ultimo tra questi.

Il coordinatore del Comitato Tecnico Scientifico avrebbe chiesto una serie di rassicurazioni e garanzie per adempiere al meglio al suo mandato, ma il Governo ha ritenuto di non poterle concedere.

Ma quali sono queste pretenziose richieste di Miozzo?

Essere riassunto in servizio (è in pensione), avere a disposizione uno staff di 25 persone (vista la difficoltà e delicatezza del lavoro) e avere poteri di deroga che gli consentano libertà di manovra.

Richieste legittime per chiunque debba imbarcarsi in una simile missione.

O no?

Ma sarebbe sull’ultima richiesta che il Governo avrebbe fatto muro: un pratico scalda ‘nduja.

Esatto, quell’aggeggino in ceramica che serve per sciogliere il prelibato salume.

Niente da fare: ti diamo tutto, ma lo scalda ‘nduja no! Fanno sapere da Palazzo Chigi.

E così, salta un altro nome.

Il Governo, insomma, vorrebbe qualcuno che gli risolva il problema della Sanità calabrese senza chiedere troppo.

Uno che non si faccia troppi problemi.

Che non sia un elemento di rottura, insomma.

Ma almeno una calcolatrice, gliela vogliamo dare, a questo nuovo commissario? O neanche quella?