Che la secolare querelle per il capoluogo regionale tra Reggio Calabria e Catanzaro fosse ancora una ferita aperta, lo sapevamo già. Quello che non ci aspettavamo è che da un livello di sfottò da stadio si passasse letteralmente alle vie di fatto.
Erano da poco passate le undici di questa mattina, infatti, quando buona parte della cittadinanza catanzarese scesa in piazza per protestare contro la decisione di riunire il Consiglio dei Ministri calabrese a Reggio, ha deciso di passare dagli slogan ai fatti occupando il centralissimo Corso Mazzini.
Cassonetti rovesciati, auto date alle fiamme e vetrine infrante sono state solo il preludio di un’escalation di violenza che ha richiesto l’intervento delle forze di polizia prima e dei militari dopo.
Motivazioni importanti, questione di onore e di rispetto, in una delle regioni più ricche d’Italia che certo può permettersi di discutere di questioni di lana caprina come la scelta del luogo dove svolgere un Consiglio dei Ministri straordinario.
Reggio o Catanzaro? E perché no Cosenza o Crotone? E Vibo dove la mettiamo?
Per non parlare di Roma e Milano, le due (vere) più grandi città calabresi.
Infine la scelta è caduta su Reggio.
“Il vero capoluogo regionale”, gongolano i reggini. “Uno schifo, il capoluogo siamo noi”, rivendicano i catanzaresi. Entrambi con lo stesso intento: stendere tappeti rossi e implorare finanziamenti e concessioni. Tutti quanti lì a leccare e sbavare per qualche briciola di pane.
“Hanno scelto Reggio, Catanzaro non ci sta!”
I media del capoluogo calabrese pensano bene di boicottare l’evento.
Parliamo di emittenti del calibro di Tele Rutto e testate come L’urlo dell’Istmo.
Quindi la protesta trascende e diventa violenta: “come a Reggio cinquant’anni fa! Le barricate! Le barricate! Pure noiii!”
Questioni serie, dicevamo.
Una regione che produce il triplo del PIL dell’intera Svizzera e che quindi può permettersi di fermarsi e vivere di campanilismo.
Questo se il rancore e l’invidia fossero indicatori economici o beni inseriti nel paniere Istat.
Carrarmati e corpi speciali, dunque, a sgomberare il centro di Catanzaro e a restituire la città alla legalità.
Da domani saremo costretto a tornare a parlare di questioni minori: disoccupazione, ‘ndrangheta, malasanità.
Che una levata di scudi simile per uno di questi argomenti non sarebbe né opportuna né lontanamente pensabile.