“Le carte non erano in tavola, potevo parlare col morto”
“No, col morto non si parla mai. Lo avevamo detto prima!”
Parte da qui, da una discussione sul regolamento di uno dei giochi più temuti del Natale, la mega rissa che a Brancaleone ha visto coinvolte oltre 20 persone e che in queste ore si sta trasformando in una vera e propria guerra di ‘ndrangheta.
Sì, è proprio lui in protagonista: il famigerato Cucù. Gioco dalle decine di varianti e con centinaia di regole da osservare, che porta i concorrenti a sfidarsi al tavolo in un crescendo di colpi di scena e provocazioni.
Giocatori che perdono le cosiddette vite quando chiudono il giro con in mano la carta più bassa del tavolo, per disfarsi della quale hanno tentato ogni sorta di scambio e tattica di psicologia inversa.
Gioco ad eliminazione in cui i concorrenti rimasti devono, infine, come se non bastasse, anche ricordarsi di non parlare ai compagni eliminati – i cosiddetti morti – pena la perdita di una vita.
Un mix di regole e comportamenti da osservare che spesso sfocia in psicodrammi come quello vissuto ieri sera a Brancaleone.
Una partita tra 20 persone e ultimi 4 concorrenti rimasti a contendersi il piatto finale. Tra mazzieri che devono dare la carta solo ai vivi e vivi che non possono parlare coi morti, si è consumato il dramma.
Una variante delle oltre 170 regole vuole che sia possibile parlare con i morti se le carte non sono in gioco, contraddicendo la norma generale che prevede sia solo il cartaro di turno a poter parlare con gli eliminati, mentre gli altri giocatori con o senza le carte in tavola non possano proferire loro parola.
Specifiche che vanno fatte ad inizio del gioco, quando si sa – tra caos e distrazioni – non tutti sono attenti.
Dai, iniziamo!
E succede poi il patatrac.
Purché qualcuno adesso ci ha parlato con un morto, ma le carte non erano in gioco. E mentre diverse persone affermavano fosse vietato, altre ricordavano che una specifica del padrone di casa all’inizio avesse dichiarato il contrario.
Gli amici si stavano battendo con tre vite da cinque euro ciascuna e il piatto era molto ricco e appetitoso.
Una situazione di impasse non facilmente risolvibile, perché chi aveva parlato al morto di vita ne aveva una sola e cedendola sarebbe ovviamente uscito dal gioco.
Le mani sul tavolo a contendersi la fiche, “Non te la do, non esiste!” “Dammela, coglione!” Una parola di troppo, quindi le mani in faccia! Gli spintoni e le urla: “Ti mangiu u ‘cori!”
L’amico che torna a casa e si ripresenta con un fucile a canne mozze, una preziosa cristalliera letteralmente demolita, un auto e un portone incendiati sono quello che restano della serata.
Ma c’è da starne sicuri: non finisce qui.
Certi affronti in Calabria si lavano col sangue!
Ed è risaputo che qui ha creato più nemici il cucù che le donne e la politica.