Merda d’artista? Macchè! Pomodoro della Magna Grecia!

Sembrerebbe essere questo l’incipit di una vicenda che,da stamattina, sta letteralmente mettendo a soqquadro il mondo dell’arte.

Un vasetto di pomodori secchi, una comune boccetta di pomodori come tante se ne trovano nelle dispense delle cucine calabresi. Sarebbe questo il pomo della discordia, il grande ritrovamento archeologico paragonabile solamente al Sacro Graal.

Esattamente: una comunissima boccia di pomodori, una buatta per dirla alla calabrese.

Sarà stato lo strato schiumoso sul bordo dell’olio a far insospettire Concettina Passalacqua, 87anni all’anagrafe e nessuna voglia di trapassare a causa del temuto botulino.

Perfido batterio anaerobico che si infiltra e si infila negli amati sottolii calabresi.

Sempre in agguato la malefica tossina, pronta a rovinare i quintali di conserve stipati con cura nelle dispense delle nonne meridionali.

E invece no, non stavolta!

Già, perché il vasetto di pomodori, portato ad analizzare dalla zelante nonnina di Bovalino, altro non era – si fa per dire – che un reperto storico di inestimabile valore.

“Analizzando il liquido contenuto nella boccaccia”, spiega Gianluca Trebisonda – archeologo della sezione Can di Crotone – “ci siamo accorti di qualcosa di insolito: uno stato di conservazione dei pomodori quasi cristallizzato che ci ha spinto a fare ulteriori e più approfondite analisi”.

“Siamo andati indietro nel tempo, con esami come il Carbonio 14, e siamo riusciti a datare la conserva intorno al 530 a.C.

Ma c’è di più!

“Oltre ad un’identificazione per così dire temporale” – continua il luminare – “insieme alla mia équipe di collaboratori, siamo riusciti anche a localizzare la produzione del pelato. Si tratta di un ceppo di pomodori ormai non più prodotti in Calabria, che venivano coltivati cinque secoli prima di Cristo nell’area del crotonese”.

I pomodori di Pitagora, dunque! Dopo le tabelline e i teoremi, ecco che arrivano le conserve pitagoriche!

“Queste analisi hanno un livello di precisione del 97%, possiamo affermare con quasi certezza che questo sottolio venne imbottigliato da Pitagora, o da uno dei suoi più vicini discepoli, a Crotone, intorno al 530 a.C.”

Notizia sensazionale, per la nonna e per tutti i calabresi.

Un valore di mercato che gli archeologi stimano intorno ai 12 milioni di euro.

E mentre la sua proprietaria, e gli immancabili 124 tra nipoti e pronipoti, gongolano, c’è chi sostiene che un reperto di tale valore economico e simbolico vada acquistato dalla Regione Calabria ed esposto in bella mostra al Museo della Magna Grecia di Reggio oppure nella sede della Giunta a Germaneto.

E in effetti sarebbe una decisione di buonsenso e di indubbio ritorno di immagine ed economico.

Forse che fosse la volta buona, che unendo il cibo all’arte non si riesca a muovere le folle locali e internazionali a venire ad ammirare il sacro vasetto di pomodori calabresi?!