“Una grave svista di un operatore”.
Viene liquidato così, dalla produzione, il gravissimo errore di registrazione che viene fuori dal montaggio del corto ‘Calabria- Terra mia’ di Gabriele Muccino.
Già, perché tra le immagini di picciotti in piazza, case sgarrupate e immancabili richiami alla soppressata, si intravede sullo sfondo il profilo di un palazzo completamente rifinito.
“Non sappiamo come sia finito lì”, si giustificano dal set.
Eh sì, perché il corto promozionale rientra nel solco narrativo stereotipato che fa della nostra regione la terra del piccantino e della tarantella.
Mare-sole e una bella razione di sfiga secolare che non fa mai male.
E invece eccolo lì quel palazzotto a vetri a rovinare tutto.
Come se in Calabria ci fosse anche il contemporaneo, che sia la Silicon Valley di Arcavacata o una città con tanto di centro commerciale e moderno ospedale.
Tutto da rifare, dunque.
La Calabria è quella: fichi, ‘nduja e cichiticì e cichiticià.
Perché da questa immagine caricaturale, ormai ce ne siamo fatti una regione, non usciremo mai!