Doveva essere un ritorno come tanti ce ne sono nella storia di ogni fuorisede calabrese.
Rientrare a casa per le feste comandate, Natale ed agosto su tutte.
E ogni volta, come un rituale, sempre le stesse scene: parenti e amici che si offrono di venirti a prendere in stazione, mamme e zie arruolate volontarie nel ruolo di cuoche di reggimento e zii e cugini mai stanchi di farti le classiche domande.
“Allura?” e con le dita della mano raccolte nell’inequivocabile gesto sussultorio tipico della monta dei cavalli “Comu iamu a fimmini?”
Insomma una scena di calabresità pura come quella vissuta in questi giorni in migliaia e migliaia di case catanzaresi, reggine e cosentine.
(Anche vibonesi e crotonesi, certamente, nda)
Tutto secondo copione, un film magistralmente recitato che improvvisamente però si trasforma in tragedia.
Il protagonista è Alessio, un nome di fantasia perché il vero fuorisede protagonista della vicenda è attualmente nascosto dalla Digos in una località protetta.
Alessio che ha il coraggio di dire ‘no’ al polpettone, quindi alla salsiccia cucinata da zia, e, infine, alle polpette al sugo della nonna.
“Alessio, che hai? Ti senti mali, figghiu? Ti fici mali u trenu?”
La domanda, ingenua, è rivolta da tutta la tavolata in coro, ed è uno di quei quesiti di cuore che non ammettono scuse o bugie.
“Papà, mamma, zia, nonna, vi debbo dire una cosa: a Milano sono diventato vegano”.
L’inizio della fine.
Da quel momento il pranzo, da un concerto di voci e posate senza sosta, diventa un frastuono di piatti rotti e tonfi di corpi senza sensi rovinati a terra.
Tra chi ha capito la gravità della notizia e chi, forse per sua fortuna, è ancora inebetito dal nuovo termine appena sentito.
“Comu bellu? Sì malatu? Chi ‘ndai?”
La spiegazione corre di bocca in bocca e la diagnosi per Alessio non tarda ad arrivare.
“Tu non si figghiu meu!” tuona il padre, tra le urla delle zie che piano piano si rendono conto della gravità della situazione.
Solo il nonno, quasi sordo, preoccupato dai visi e non raggiunto dalla spiegazione commenta: “Chi esti, ricchiuni?”
“Era megghiu, papà” commenta la madre di Alessio.
“Era megghiu ricchiuni chi veganu!”
Il resto è cronaca nera che per rispetto dell’onorabilità della famiglia coinvolta evitiamo di riportare.